La bellezza è negli occhi di chi contempla

VII Domenica dopo Pentecoste

VII Domenica dopo Pentecoste

Lc 13, 22-30

In quel tempo. Il Signore Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».

 

 

Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”.

 

Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”.

 

 

Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.

 

Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.

 

 

Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

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Troviamo oggi una delle domande che forse tutti abbiamo dentro, “chi si salva?”, pochi o tanti? Chi? Mi colpisce la risposta di Gesù e penso al nostro tempo, se è ancora vero che molti cercano la salvezza e prima ancora se si pongono la domanda o cercano la risposta.

Ma senza giudicare altri, credo che il dubbio attraversi tutti noi almeno una volta nella vita, “io mi salverò?”.

Stridono questi versetti – in cui il Signore non riconosce chi ha davanti – con altri salmi, per esempio, quando si dice che “i nostri nomi sono scritti nel libro della vita” e anche il fatto che Gesù risponda che occorre un nostro sforzo contraddice la certezza che la salvezza sia Suo dono gratuito che in nessun modo possiamo “meritare”. I fatti della prima lettura sembrano andare in questa direzione: “Le acque del Giordano si divisero dinanzi all’arca dell’Alleanza” (Gs 4,7). È il Signore che salva!

Quindi?

La seconda Lettura e la seconda parte del vangelo ci aiutano a comprendere, allora, che dobbiamo fare la fatica di non considerare la salvezza una cosa esclusiva, un privilegio di pochi, un nostro merito dovuto al fatto di “aver mangiato e bevuto” (v.26) alla mensa di Gesù, cioè appartenenti alla sua stirpe, di famiglia..

Questo è stato un richiamo forte ai Giudei del tempo e alla loro idea di salvezza per il solo Israele, popolo eletto, e lo è altrettanto forte per noi cristiani oggi: Gesù ci invita ad essere annunciatori, ad essere aperti oltre certi schemi falsi, ad avere il coraggio di portare a tutti il racconto di ciò che il Signore ha fatto per il suo popolo, per ciascuno di noi, per me (ecco il valore delle stele, del memoriale nella roccia dei benefici e della salvezza portata dal Signore!).

 

Signore, liberami dalla presunzione di sapere cosa bisogna fare per essere bravi fedeli, dal vantare dei privilegi nell’aver partecipato a riunioni, a celebrazioni liturgiche, esperienze ecclesiali, appartenere a associazioni o movimenti che in qualche modo mii identificano come “miglior amico di Gesù”; piuttosto aiutami a scegliere sempre con coraggio di stare accanto agli ultimi, a quelli senza speranza, bisognosi di vita normale o di un sorriso incoraggiante, ai poveri, a chi non si pone le domande della fede, agli anziani nelle nostre famiglie, a chi vive momenti di solitudine, ai giovani che sono smarriti di fronte all’incertezza del futuro.

 

Il Signore chiede a noi di essere operatori di Giustizia perché ci possa riconoscere come figli suoi; nonostante i nostri limiti e peccati, non ci chiede perfezione ma compassione accoglienza apertura amore verso il prossimo.

La Chiesa che sta proseguendo il suo cammino sinodale sia capace con la presenza dello Spirito di rendere credibile il Vangelo del Signore Gesù, che ha scelto di stare dalla parte degli ultimi.

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