La bellezza è negli occhi di chi contempla

RISPETTO

RISPETTO

“Non c’è più … rispetto!” cantava Zucchero.
Parola forte, che evoca forse epoche passate, di gentlemen che si toglievano il cappello al passaggio di una signora, o di persone semplici che davano del “voi” al prete e al farmacista del paese.
Ma è anche una parola carica di ambiguità: pensiamo se a pronunciarla è un mafioso (non vuol più esprimere gentilezza, ma timore), o un bullo da quattro soldi, o un genitore autoritario che non sa affrontare il confronto e vuole solo troncare la possibilità di parlarsi.

Eppure la nostra epoca ha terribilmente fame di questa qualità del vivere civile, sia nella forma (le parole, il linguaggio) sia nella sostanza (i gesti, gli atteggiamenti). Scriveva lo psichiatra Vittorino Andreoli:

Nel tempo presente è caduto il muro del rispetto, nella convinzione che si tratti di una conquista della democrazia, di uguaglianza contro ogni gerarchia del potere. Insomma, una vittoria della civiltà. E si confonde la democrazia con il cameratismo, la serietà della vita con la bagarre delle curve nord negli stadi.

 

I muretti del rispetto non sono ostacoli alla libertà dei sentimenti e delle relazioni, bensì delle modalità di esercitarli.

 

Sono dei contenitori per impedire che il torrente dei sentimenti tracimi.

Uno dei motivi per cui fatichiamo a esercitare il rispetto è che non sappiamo (o non vogliamo?) metterci nei panni dell’altro. Se l’uomo è un oggetto che ci disturba o, nel migliore dei casi, che neanche vediamo, non avremo certo attenzione alla sua persona.
Dovremmo invece coltivare la consapevolezza che ogni essere umano merita rispetto, se non altro per quella quota di dolore che si porta dentro e che certo non conosciamo.

Papa Francesco suggeriva di saper dire ogni giorno “Scusa … Per favore … Grazie”: è uno stile che porta a riconoscere il valore dell’altro, a cominciare da chi ci sta vicino. E’ uno dei tanti modi in cui prende forma l’amore.

Giovanna R.

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