Inviati al Sinodo per dare una testimonianza dei nostri ormai 15 anni di missionarietà, abbiamo provato io e mia moglie a sintetizzare cosa sia per noi la vocazione missionaria.
Ho pensato così di condividere questi tre aspetti. Il primo è avere occhi capaci, anche nella frenesia delle nostre relazioni quotidiane, di comunicare affetto, amorevolezza e accoglienza. È essenziale essere predisposti a un cuore che sappia lasciarsi ferire dalle vite e dai dolori degli altri.
Il secondo aspetto riguarda la capacità di scoprire la dignità e la presenza di Dio nelle persone che incontriamo. Non in modo superficiale, ma cercando un’accoglienza delicata e gentile, che possa innescare una catena di amore e di comprensione reciproca.
Infine, il terzo aspetto, che purtroppo non è sempre sottolineato come dovrebbe, è la gioia: una gioia profonda e autentica, non banale. È la gioia di chi riesce a spostare il baricentro della propria vita dal proprio egoismo, dall’egocentrismo, per imparare a guardare gli altri, a guardare anche ai propri figli, con consapevolezza che nel mondo ci sono persone che soffrono più di noi. E forse, proprio quelle persone attendono anche il nostro cuore e i nostri occhi, per stare un po’ meglio.
Questo, per me, è essere missionario oggi, ovunque nel mondo.
Giorgio (Ewe Mama)

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