La bellezza è negli occhi di chi contempla

VI domenica dopo martirio di san Giovanni il precursore

VI domenica dopo martirio di san Giovanni il precursore

Luca 17, 7-10

In quel tempo. Il Signore Gesù disse:

 

 

«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sèrvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?

 

 

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

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Mi pare che la liturgia di oggi nasconda parecchi possibili fraintendimenti sulla sofferenza e sul servizio, sul senso del dovere. Stiamo quindi attenti ad un ascolto vero per trovare un filo rosso preciso.

Conosciamo la vicenda di Giobbe e la tentazione è chiedersi perché Dio abbia permesso tanto male per lui, uomo integro; così pure ci verrebbe forse da essere solidali con chi ha lavorato tutto il giorno e si aspetta un trattamento benevolo o riconoscente dal datore di lavoro… Noi vorremmo ci venissero ricompensati tutti i nostri sforzi e lavori e pensiamo sia doveroso (almeno è quello emerso in classe da alcuni studenti, parlando del “denaro”) che quello che ci guadagniamo sia nostro e pretenderemmo che chi è buono non subisca mai nessun male dalla vita, sarebbe ingiusto!

Eppure la nostra logica non è esattamente la logica di Dio. Su questo non abbiamo mai pace, vorremmo averla vinta sempre noi e imporre a Dio le nostre ragioni. Ma Dio non è contro di noi, non vuole farci soffrire, non ci impone nulla per dovere!

Ancora una volta, la preghiera finale di Giobbe (Giobbe 1, 21), le parole di Paolo (2 Timoteo 2,13) contengono due verità: fin dalla nascita nulla ci appartiene, la vita stessa è dono di Dio e nessun merito è nostro; e cosa più importante, di fronte a tutte le nostre infedeltà e fallimenti, Dio resta fedele perché non può rinnegare se stesso. Questa è la Buona Notizia di oggi! Questa è la gioia che riceviamo oggi: Dio ci è accanto sempre senza pretendere nulla, non ci molla mai!

Inoltre Paolo ci ricorda un’altra perla preziosa: “la Parola di Dio non è incatenata!” (2 Timoteo 2, 9). Affidiamoci alla Sua Forza, che è la parola consolante dell’AMORE che non ci lascia soli nelle difficoltà. “Sia benedetto il nome del Signore!” dice Giobbe, che evidentemente riconosce sempre la presenza del Buon Dio accanto a sé, nonostante i drammi e le tragedie umane che gli sono capitate.

Chiediamo allo Spirito la fortezza che ci mantenga saldi nella fede durante le prove della vita.

…quello stesso Spirito che sta guidando i vescovi della Chiesa nel cammino del Sinodo, per cui c’è molto da pregare!

 

Questa è la sfida alta che ci attende oggi, che ci è consegnata da Giobbe e dalla figura del servo: smettiamo di pretendere, invece gioiamo per quando portiamo a compimento la nostra vocazione di figli di Dio di amare o riusciamo a realizzare la missione ricevuta di fare del bene; chiediamo a Dio di poter essere anche noi suoi testimoni credibili, nella capacità di stare accanto abbracciando delicatamente e teneramente i fratelli e le sorelle che stanno attraversando periodi tosti della vita, come farebbe Dio. Possiamo essere compagni e amici consolanti inviati dallo Spirito.

 

Infine, oggi rileggendo le ultime parole del vangelo, non posso non chiedermi con una certa urgenza: il servizio che svolgo, per chi è fatto? per gloria personale, per senso del dovere, per amore, per un bisogno reale del mondo, per dimostrare la mia bravura, per colmare un vuoto, perchè so qual è la mia identità e vocazione? Sono lieta di servire a Qualcuno? Nel mio servizio nella Chiesa e in AC trasmetto la gioia del credere?

 

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