La bellezza è negli occhi di chi contempla

SUCCESSO

SUCCESSO

L’orchestra cominciò a suonare. Entrò in scena. Incominciò a ballare e a cantare. Per attirare ancor più l’attenzione svuotò impudicamente le sue intimità fisiche. Ormai il manto dorato di molti trionfi non gli serviva più: gli applausi lo sommergevano, tutti gli danzavano attorno. Ormai aveva conquistato il successo.
A notte fonda, entrò nella camera d’albergo, si diede una sciacquata e la polvere colorata del viso cadde sul lavandino. Si accorse che dietro a quel trucco si nascondeva la vergogna. Si rese conto che il successo cercato e voluto, che poco tempo prima riempiva i suoi giorni, era solo un modo per non pensare e per agire senza responsabilità.
Aveva cantato bene, i giornali avrebbero parlato di lui, la frenetica corsa verso il successo era terminata: sarebbe diventato un influencer. Eppure si sentiva solo e allora si rivide accanto una suora dell’ospedale in cui era stato ricoverato: gli veniva incontro sorridente, bianca, la cuffia in testa, una siringa in mano e pensò che i giornali non avrebbero parlato mai di quella piccola povera suora il cui successo era servire i malati.

Colui che cerca e vuole il successo per sé stesso è egoista: solo la lode gli scalda il cuore ed è costretto ad aggiungere acqua al vino fino a farlo traboccare perché l’applauso ad un certo momento termina e per lui non dovrebbe mai finire.
Subentrano allora la sofferenza e la pena. Aveva tutto misurato, tutto calcolato e cade nel profondo sconforto.
È un uomo politico di successo. Lo ammirano, lo complimentano. Neppure la lode di uno sciocco lo mette in sospetto di aver preso un abbaglio, nemmeno gli applausi che gli provengono da persone dubbie lo mettono in allarme, condanna le sue vittime, ma non i suoi capi, dispone a suo piacimento le masse acclamanti che non sanno di essere tratte in inganno.

Un suo collega non è un comiziante della retorica: ai palchi in piazza preferisce visitare le carceri, incontrare la vecchietta che non trova un posto dove finire i suoi giorni, riunire i genitori di figli portatori di handicap e trovare con loro una risposta alle loro domande. Il clima della piazza diventa sempre più turbolento e passionale, ma lui, il deputato agli onori della cronaca preferisce gli oneri e i sacrifici. Sa così di mettere a profitto il suo successo elettorale: nell’oscurità è trasparente, sereno proprio quando c’è la tentazione dell’isterismo, stabilisce un dialogo con i più poveri.

Il successo diventa carità. Mette in pratica l’icona del buon samaritano: scende dal suo scranno, va in cerca dell’uomo che soffre, ha cura di lui. Per il politico di successo è più eroico abbracciare e consolare un uomo provato e umiliato: gli scalda il cuore il sorriso del fratello, più che la lode, l’onora il suo ringraziamento che risponde alla sua buona parola, alla sua carezza.

Il sacco sgonfio riposava in un angolo della vetta. Era giunto. All’alba, aveva attraversato pascoli, poi i ghiaioni, il sentiero era ripido, serpeggiante. Corda alla spalla, guardò la parete per assicurarsi che ci fosse uno spuntone di roccia. L’appigliò con le mani, appoggiando un piede su un altro spuntone e cominciò la scalata. Desiderava da molto raggiungere la vetta, era dominato da un bisogno insostituibile di alleggerire lo spirito guardando da lassù l’aurora. Era stanco, spossato, ma aveva raggiunto il suo desiderio. Aveva dimenticato il rischio che corse attraversando una forcella di roccia. Ce l’aveva fatta ed ora, lassù oltre i tremila metri, il desiderio di arrivare a quel momento lo voleva condividere con le nuvole, con l’azzurro del cielo,
con i pinnacoli inaccessibili…

Sì, cari amici che mi leggete, il successo consiste nel sollevarsi dalla polvere che si deposita ogni giorno su di noi. Gli squilibri di un successo individualista si riproduce automaticamente in uno squilibrio interiore.
Di fronte al successo talvolta si crea una cortina fumogena di sarcasmi, di recriminazioni, di invidia da parte egli altri. Il successo non lo riceverete dagli altri, ma dalla vostra interiorità, dalla gioia che proviene da un compito andato bene, dalla lode sincera espressa da un insegnante, dall’aver aiutato un amico. Un successo senza sensibilità per gli altri, senza compenetrazione con gli altri, senza spirito comunitario è un non senso.
Il successo è anche un rischio, frutto di tensione dell’animo, di paure e di gioie, ma è questo rischio di cui ha bisogno il mondo. Per arrivare “a far carriera” ci vogliono competenza e contemplazione: saranno esse che ci faranno passare dalla rassegnazione all’impegno.

Edoardo Zin

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