La bellezza è negli occhi di chi contempla

s. Faustina Kowalska

s. Faustina Kowalska

Lc 20, 20-26
In quel tempo. Gli scribi e i capi dei sacerdoti si misero a spiare il Signore Gesù e mandarono informatori, che si fingessero persone giuste, per coglierlo in fallo nel parlare e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore.

 

 

Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a
nessuno, ma insegni qual è la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, che noi paghiamo la tassa a
Cesare?».

 

Rendendosi conto della loro malizia, disse: «Mostratemi un denaro: di chi porta l’immagine e l’iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». Ed egli disse: «Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio».

 

Così non riuscirono a coglierlo in fallo nelle sue parole di fronte al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

Alla domanda di chi pensava di farlo cadere su una questione spinosa per gli ebrei di quel tempo (come ci dobbiamo comportare con gli occupanti romani?), Gesù risponde che occorre dare a Cesare quel che è di Cesare, cioè, ridotto ai minimi termini, il principio della giustizia.

Non c’è bisogno di essere cristiani per riconoscere il principio che dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto è un basilare atto di giustizia: è
sufficiente essere uomini.

I suoi nemici significativamente sono costretti ad ammettere “tu insegni veramente la via di Dio” e l’episodio del vangelo di oggi sembra affermare che il cristiano, come ogni altro uomo è chiamato a fare, si impegna per la realizzazione della giustizia.

Vengono affrontate e lanciate in queste settimane questioni importanti che come cristiani non ci dovrebbero vedere assenti. Riguardano l’istituto
della famiglia e il rispetto della vita: il cosiddetto “ddl Zan”, la legalizzazione della marijuana, l’eutanasia, la gravidanza surrogata, l’accoglienza verso i profughi.
Di tutto questo nelle nostre comunità non si parla: c’è un silenzio quasi assoluto, come se quelle questioni non ci riguardassero, come se avessimo
vergogna di essere franchi e di dire le nostre convinzioni; come se avessimo timore a dare il nostro contributo, nella società in cui viviamo, all’attuazione della giustizia e del bene comune.

Eppure abbiamo molto da dire e da dare sul valore della vita umana in ogni suo momento, sul dovere di accompagnare e sostenere chi soffre o è in
difficoltà economiche, sul valorizzare l’esperienza che tante comunità di recupero (anche ispirate alla carità cristiana) hanno accumulato nel combattere contro le dipendenze, sull’accoglienza verso chi fugge guerra e miseria cercando da vivere -e non solo sopravvivere- nel nostro paese.

Partecipare alla vita della nostra nazione per concorrere al bene comune è il richiamo che ci fa il vangelo di oggi: dobbiamo dare a Cesare ciò che
gli spetta. Questa è “la via di Dio”. Così neanche noi possiamo essere “colti in fallo “ come dice il vangelo.

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