La bellezza è negli occhi di chi contempla

Non importa dove viviamo: tutti dipendiamo dall’oceano (Anne De Corbuccia)

Non importa dove viviamo: tutti dipendiamo dall’oceano (Anne De Corbuccia)

Anche questa volta, in questo tempo particolare, non legato alla liturgia, lasciamo spazio ad altre forme di arte contemporanea per la sezione “Contemplando la bellezza”, suggerendo la visione di un cortometraggio.

 

Ascolta la voce del creato” è il tema e l’invito del Tempo del Creato di quest’anno. Il periodo ecumenico inizia il 1° settembre con la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato e si conclude il 4 ottobre con la festa di San Francesco. È un momento speciale per tutti i cristiani per pregare e prendersi cura insieme della nostra casa comune.

Scrive Papa Francesco nel suo messaggio per il Tempo del Creato:

In questo Tempo del Creato, riprendiamo a pregare nella grande cattedrale del creato, godendo del «grandioso coro cosmico» (citazione da Giovanni Paolo II) di innumerevoli creature che cantano le lodi a Dio. (…)

 

Purtroppo, quella dolce canzone è accompagnata da un grido amaro. O meglio, da un coro di grida amare. Per prima, è la sorella madre terra che grida. In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione.

 

Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un «antropocentrismo dispotico» (Laudato si’, 68), agli antipodi della centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio.

 

Ma sono anche i più poveri tra noi a gridare. Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti.

Sempre più spesso gli artisti contemporanei raccontano, denunciano, lanciano messaggi per rafforzare il grido del creato, come Anne de Carbuccia, artista ambientalista e regista franco-americana, che viaggia in tutto il mondo in alcuni dei luoghi più remoti della terra, per documentare e preservare la memoria di siti,
animali e culture a rischio d’estinzione.

Nel cortometraggio One ocean, premiato al 75^ Festival del Cinema di Venezia, l’artista prende in prestito dalla simbologia della vanitas – ovvero dalle nature morte seicentesche che rappresentavano il memento mori, la caducità della vita – teschio e clessidra e li fotografa in ogni angolo del mondo per sottolineare i luoghi – spiagge inquinate, barriere coralline distrutte, terre riarse – colpiti dall’incuria e dalle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Il messaggio di Anne è chiaro:

per guarire l’oceano dobbiamo agire in fretta. Modificare il nostro ruolo sul nostro Pianeta Azzurro.
Smettere di porci al di sopra del mondo naturale e invece trasformare le nostre invenzioni in una parte di esso. Insieme possiamo diventare una forza geologica positiva.

Concludo con le parole del Papa, che ci spronano, da credenti e parte di “sora nostra madre terra”, proprio a fare questo:

“ascoltando queste grida amare, dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi. Sin dall’inizio, l’appello evangelico «Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!» (Mt 3,2), invitando a un nuovo rapporto con Dio, implica anche un rapporto diverso con gli altri e con il creato.

One Ocean è visibile gratuitamente in italiano a questo link: https://vimeo.com/showcase/oneocean
(Durata 11 minuti)
L’immagine è tratta dal cortometraggio.ù

Arianna

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