La bellezza è negli occhi di chi contempla

Martedì dell’ultima settimana dell’anno liturgico

Martedì dell’ultima settimana dell’anno liturgico

Mt 24, 45-51

Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! 

Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.

 

 

Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: «Il mio padrone tarda», e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti.

#serviFidati #vocazione #cristianoAdulto #beatitudine

Vorrei soffermarmi sui primi versetti di questo brano di Vangelo. “Chi è il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito”?. Queste poche righe credo chiamino in causa ciascun credente.

Dio, fin dalla nostra nascita, ma in particolare dall’inizio della nostra relazione con Lui, ci chiama ad essere suoi servi con un’accezione, però, che non è assolutamente di sottomissione, ma di piena collaborazione al suo progetto che è la costruzione del Regno. Ci ritiene fidati, aggettivo che si usa per gli amici (“Non vi chiamerò più servi, ma amici …”) al punto da affidarci un compito di responsabilità (“metterci a capo di …”) non, però, per comandare, avere incarichi di prestigio, inorgoglirci, ma per “dare” …

Questa la vocazione di ciascuno, al di là delle sfumature e delle tonalità che può assumere nella contingenza delle scelte di vita (professionali, relazionali, esistenziali): prendersi cura del fratello con vigilanza e discrezione (servo prudente) per accorgersi sempre delle sue necessità e delle modalità più consone per venire incontro ad esse (“il cibo a tempo debito”).
E ricordando un’omelia ascoltata qualche giorno fa vorrei proprio richiamare come la vita del cristiano adulto si giochi tutta qui: nel rendere la propria vita dono per il fratello.

Con quale esito/ricompensa? La beatitudine, ovvero la pienezza di vita. “Beato quel servo che il padrone troverà ad agire così” perché non si è sostituito al suo signore, magari con arroganza e superbia, ma ha condiviso con lui e col fratello la gioia autentica. Gioire delle gioie dell’altro, ecco la vera beatitudine!

Aiutaci, Signore, non solo a farci carico dei fardelli di chi ci sta accanto,
ma ad avere l’umiltà di accorgerci, quotidianamente,
che il nostro “fare” non è semplicemente un dare, ma anche un ricevere.
Amen

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