La bellezza è negli occhi di chi contempla

Lunedì della settimana della VI Domenica dopo Pentecoste

Lunedì della settimana della VI Domenica dopo Pentecoste

Lc 8, 34-39

In quel tempo. Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nelle campagne. La gente uscì per vedere l’accaduto e, quando arrivarono dal Signore Gesù, trovarono l’uomo dal quale erano usciti i demòni, vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù, ed ebbero paura.

 

Quelli che avevano visto riferirono come l’indemoniato era stato salvato.

 

Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura.

 

 

Egli, salito su una barca, tornò indietro.

 

 

L’uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo: «Torna a casa tua e racconta quello che Dio ha fatto per te». E quello se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù aveva fatto per lui.

#incredulità #affidarsi#doppioAttoDiFede #obbedire #riconoscere #testimoniare

Questa pagina del Vangelo ci mostra due reazioni opposte, espresse in occasione di due fatti sorprendenti operati da Gesù: la liberazione dell’indemoniato geraseno e il precipitare della mandria di porci nelle acque del lago per via della legione di demoni che aveva preso dimora in loro.

La popolazione reagisce chiedendo a Gesù di allontanarsi, perché ha molta paura.
La reazione dell’indemoniato che è stato liberato invece è opposta: chiede a Gesù di restare con lui.

La popolazione sceglie quindi la strada dell’incredulità, forse perché capisce che seguire Gesù comporterebbe un impegno forte, un mettere in discussione il modo di vivere di prima, il rischio di perdite e rinunce pesanti e quindi preferisce mettere da parte Gesù, per evitare tutte queste conseguenze scomode.
Gesù asseconda la loro incredulità, andandosene; ma non li abbandona perché lascia tra loro colui che ha liberato dal demonio, perché possa proporre la sua testimonianza.

L’uomo infatti gli chiede di restare con Lui, ma Gesù gli dice di tornare a casa sua e di testimoniare la sua guarigione.

La testimonianza può quello che il miracolo non ha potuto! La conversione delle persone, per essere autentica ha infatti bisogno di testimoni credibili.

C’è un altro aspetto su cui vorrei soffermarmi: l’uomo liberato dal demonio fa un doppio atto di fede. Il primo è riconoscere che Gesù è il Signore e per questo gli chiede di rimanere con lui. Il secondo è “obbedire” alla sua volontà: cioè ritornare a casa e raccontare la sua guarigione, anche se avrebbe voluto fermarsi con Lui. In questo modo egli affida a Gesù il proprio cammino, anche rinunciando a quello che avrebbe voluto fare inizialmente.

 

Capisco che seguire Gesù comporta rimettere in discussione il mio modo di vivere, le mie abitudini e può significare anche perdere, tagliare qualche aspetto della mia vita, del mio modo di fare, delle mie relazioni, ecc.? Come reagisco davanti a questi “scossoni”? Ho paura e dico a Gesù di allontanarsi?
Oppure gli chiedo di rimanere con me e di essere guida dei miei passi?
Ho presente quali sono state le mie guarigioni? Sono consapevole che testimoniare la mia guarigione può essere occasione di conversione per altri?

Riconosco che credere in Gesù vuol dire riconoscergli il primato sulla guida della mia vita e consegnare con fiducia la mia volontà nelle sue mani?

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