La bellezza è negli occhi di chi contempla

La bellezza di sapere di essere nel posto giusto

La bellezza di sapere di essere nel posto giusto

 

Quando ad inizio agosto sono partita per il Kenya non avevo assolutamente idea di cosa aspettarmi; avevo già conosciuto le persone che mi avrebbero accompagnata e sapevo che attività avremmo fatto, ma per il resto mi sembrava un sogno così tanto grande e lontano che non riuscivo neanche a realizzare che si stava avverando.

In solo quelle tre settimane il Kenya mi ha lasciato tantissimo, così tanto che neanche adesso che sono tornata da due mesi riesco ancora a definire quanto sia.
La vita a Mombasa, che ha accolto a braccia aperte noi 8 volontari partiti dall’Italia, è sempre stata frenetica, avevamo tantissima voglia di fare e scoprire, che non riuscivamo a stare fermi nemmeno un pomeriggio.

Le nostre giornate si articolavano su due momenti fondamentali: la mattina facevamo attività con 150 bambini della parrocchia di Santh Joseph, come una sorta di oratorio estivo, mentre il pomeriggio eravamo con i bambini dell’MPU, un centro temporaneo che accoglie bambini che vengono allontanati dalle loro famiglie perché vittime di violenze o abusi.

Ogni giorno avevamo al nostro fianco dei giovani universitari della parrocchia con cui abbiamo collaborato per organizzare e fare le attività.
E’ stato molto arricchente avere un confronto con questi ragazzi e vedere come vivono i nostri coetanei in un Paese molto diverso dal nostro.

Oltre all’incontro con giovani kenioti, quello che ancora di più mi porto a casa è il tempo passato con i bambini, che ci hanno sempre accolto con un amore e una spontaneità che sembra difficile riservare a degli sconosciuti.

E’ stato molto significativo per me vedere come con alcuni bimbi, anche se molto piccoli, in pochissimo tempo si sia creato un legame di fiducia, di quelli che in altri contesti si costruiscono in anni, che andava oltre qualsiasi barriera ci potesse essere tra noi, oltre la lingua, il colore della pelle, l’età.

Mombasa è stata la mia casa per tre settimane, quello che mi porto dietro oggi sono una miriade di sensazioni; se chiudo gli occhi mi sembra ancora di stare seduta in un tuk tuk, mentre attraverso le strade trafficate della città, di sentire la musica che ci accompagnava in tutti i momenti della giornata, di vedere il colore del cielo e delle palme, di sentire un senso di accoglienza e familiarità inaspettatissimo con un gruppo di 9 sconosciuti, ma più di tutto riesco a rivivere ancora la bellezza di sapere di essere nel posto giusto, quel senso di appartenenza a un luogo e a delle persone che fino a un attimo prima non pensavi avrebbero segnato la tua vita così profondamente.

Nonostante gli sforzi di questi mesi nel provare a descrivere quello che è stata veramente per me la missione, mi sembra sempre di non riuscire ad arrivare fino in fondo e forse neanche queste poche parole sono in grado di farlo. Probabilmente è perché ancora oggi non sono veramente capace di dire fino a che punto dentro di me si sia aggrovigliata o perché le parole e le immagini non bastano a trasmettere tutta la profondità e la bellezza della realtà che ho vissuto e delle persone che ho incontrato. Tuttavia spero di aver toccato il cuore o la mente di qualcuno e di aver in qualche modo lasciato un po’ di quella bellezza che ho avuto modo di vivere a pieno.

Vorrei concludere questo pezzo con una citazione di Alda Merini, che secondo me racchiude al meglio quello che è stata per me la missione: “A pelle si sentono cose a cui le parole non sanno dare nome”.

Asante sana.
Marta Marnati

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