La bellezza è negli occhi di chi contempla

“Il reso è sempre gratuito”

“Il reso è sempre gratuito”

Capita spesso che, mentre navighiamo su Internet, compaia qualche pubblicità dalle immagini allettanti. E così, senza nemmeno accorgercene, ci ritroviamo a navigare sul sito sponsorizzato e a spulciare tra i prodotti da acquistare. Spesso su questi siti, appare chiara la dicitura che ci informa che la spedizione è gratuita oltre ad un certo importo di acquisto e, soprattutto, “il reso è sempre gratuito”. Questa dicitura che subito ci tranquillizza sul fatto che l’acquisto, in fondo, non è davvero vincolante, nasconde però qualcosa di molto più grosso.
La classica dicitura che ci mostra che possiamo rendere ciò che abbiamo comprato, ma di cui non siamo pienamente soddisfatti non è una gentilezza verso i clienti, ma è una strategia di marketing precisamente studiata per spingerci a comprare di più, senza realmente pensare a cosa stiamo acquistando. Questa strategia non solo ci invita ad acquistare senza limiti, ma provoca anche un enorme danno al nostro Pianeta.
Infatti, questa politica di acquisti online e conseguenti resi (gratuiti) porta ad un aumento degli spostamenti dei capi di abbigliamento che causa una enorme (ed ingiustificata) quantità di emissioni inquinanti. Le cifre presentate da uno studio di Greenpeace sono impressionanti. I ricercatori hanno analizzato 24 prodotti, venduti online da 8 diverse aziende, inserendo dei GPS all’interno dei capi acquistati online e poi resi. Lo studio ha dimostrato che in media ciascuno di questi capi ha percorso 4.500 km, viaggiando attraverso 14 Paesi diversi (inclusa la Cina) E’ stato calcolato che le spedizioni in media aumentano del 24% le emissioni di CO2, l’anidride carbonica, rispetto a quelle causate dalla sola produzione. L’esempio più eclatante presentato dalla ricerca è relativo ad un paio di pantaloni di ASOS, noto brand che vende abbigliamento online, pagati 35 euro, che hanno percorso più di 10.000 km in totale, seguendo un percorso attraverso Germania, Italia, Polonia, Germania, ancora Germania, Polonia, Germania, Francia, Polonia, ed infine di nuovo in Germania. Questo esempio ci fa ben rendere conto di quanto le spedizioni e i resi possano impattare sull’inquinamento globale.
 
Come se questo non bastasse, molti di questi capi resi non vengono infine venduti e rimangono a giacere nei depositi dei grandi marchi del fast fashion, rappresentando per le aziende solamente un costo. Per questo motivo, è noto che molte grandi aziende del fast fashion distruggono enormi quantità di capi invenduti. A questi capi, si aggiungono quelli che noi consumatori gettiamo ogni anno, o perché rovinati o perché semplicemente sostituiti da altri capi più alla moda. Lo studio di Greenpeace ha registrato che ogni anno vengono gettati 5,8 milioni di tonnellate di prodotti tessili, pari a circa 12 kg a persona.
 
Quindi l’industria del fast fashion, della moda facile e veloce che cambia ogni stagione e anche più spesso, è uno dei settori più inquinanti al mondo, non solo perché consuma enormi quantità di risorse, ma anche perché implica la movimentazione dei capi per tantissimi chilometri. Ricordiamoci di questi numeri la prossima volta che ci troveremo sul sito o in uno dei negozi dei grandi marchi di fast fashion e staremo per mettere nel nostro carrello, virtuale o fisico, un nuovo capo di abbigliamento. 
 
Francesca
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