La bellezza è negli occhi di chi contempla

Giovedì della terza settimana di Quaresima

Giovedì della terza settimana di Quaresima

Matteo 6, 25-34

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?

 

 

E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.

 

Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.

 

Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

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L’uomo ha bisogno di vita, perché ha paura di morire: allora pensa di garantirsi la vita accumulando i beni. La radice dell’accumulo è l’ansia, l’affanno.

E Gesù intona ancora lo stesso ritornello: “Nel rapporto coi beni fondamentali che garantiscono la vita – il cibo, la bevanda e il vestito – dobbiamo vivere da figli di Dio e da fratelli”.
Che cosa vuol dire vivere da figli di Dio?

Vuol dire che, in primo luogo, la vita non ci è garantita dal nostro affanno e dal nostro lavoro.
La vita ci è garantita da Dio stesso che ci dona la natura, l’intelligenza, la capacità di lavorare; tutto questo è dono di Dio e quindi riceviamo come dono il nostro stesso lavoro.
Il nostro lavoro diventa Eucaristia, diventa rendimento di grazie, non affanno, diventa già vita eterna, comunione con Dio.

E poi, ancora come nell’Eucaristia, dove spezziamo e doniamo, anche il nostro lavoro diventa vita fraterna.

Allora questo toglie dall’affanno, ci fa vivere da figli e da fratelli la realtà quotidiana del lavoro, anche nei bisogni fondamentali.

Preghiera

Perché temere nei giorni tristi,
quando mi circonda la malizia dei perversi?
Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.
Nessuno può riscattare se stesso,
o dare a Dio il suo prezzo.
Per quanto si paghi il riscatto di una vita,
non potrà mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba.
Vedrà morire i sapienti;
lo stolto e l’insensato periranno insiemee lasceranno ad altri le loro ricchezze.
Il sepolcro sarà loro casa per sempre,
loro dimora per tutte le generazioni,
eppure hanno dato il loro nome alla terra.
Ma l’uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l’avvenire di chi si compiace nelle sue parole.

dal Salmo 49 (48)

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