La bellezza è negli occhi di chi contempla

Dove fare unità nella dicotomia Italia/Mozambico?

Dove fare unità nella dicotomia Italia/Mozambico?

Boa tarde para todos. Sono rientrata dal Mozambico da quasi 3 mesi e solo adesso sto realizzando cosa è successo. E’ stato un passaggio molto brusco, per alcuni aspetti shockante, destrutturante.

Prima di tutto la gestione del tempo. Qui in Italia siamo sempre di corsa, sempre a risparmiare tempo che comunque non ci basta mai. Nella nostra regione siamo malati di lavoro, viviamo per lavorare, per produrre e consumare. Invece a Quelimane lavoravo tanto, ma i tempi erano più dilatati e alcune cose non urgenti potevano essere rimandate a domani. Talvolta mi impongo di dire di no, di rallentare, di posticipare, anche andando contro il sentire comune. E di andare invece incontro alle persone, che sono le uniche che meritano tanto tempo.

Poi la gestione degli spazi. Passo ore in auto, anche per spostarmi per brevi distanze. Con un rapporto uno:uno che ci fonde con l’auto e ci isola da tutto ciò che succede attorno, tranne la corsa. Ho provato a fare la stessa strada a piedi: è quasi impossibile e molto rischioso, perchè non sei vista. Invece a Quelimane facevo quasi tutto a piedi, dall’andare in ufficio alle grandi passeggiate lungo la Avenida Marginal, al suono frusciante delle canne e delle palme. Talvolta arrivo alle 7.45 all’Ospedale di Angera
dove lavoro e vedo il mais che danza nel vento e nel sole dell’alba e mi viene una profonda nostalgia di cieli e campi.

Poi il rapporto con le cose. Qui si spreca, si avanza, si butta via, si compra anche se non necessario, si immagazzina, si usa e getta. Invece mi divertivo ad aggiustare i bottoni, incollare le infradito, consumare le patatine della cena il pranzo dopo, soprattutto a fare la doccia in un minuto (quando di grazia c’era l’acqua corrente – ricordo che a marzo a Quelimane e dintorni si è abbattuto il ciclone Freddy seminando devastazione e interruzione di acqua, luce , internet etc e peggiorando l’epidemia di colera-). E si impara a ringraziare.

Da un giorno all’altro, a distanza di 24ore di viaggio mi sono trovata in un altro mondo, in un altro modo.
Si fa fatica ed adattarsi, mi sentivo come se nessuno capisse quello che avevo vissuto. Sospesa fra la curiosità per l’esotico, la paura del diverso, la diffidenza per i problemi. E facevano i soliti commenti scontati “sei abbronzata”, “hai visto gli animali”, “ci sono tanti poveri”?

Dove fare unità fra questa dicotomia Italia/Mozambico, Varese/Quelimane, fretta/lentezza, chiusura/apertura, terra/cielo, spreco/rispetto?

  1. Nelle relazioni. Sono molto contenta di essere tornata a lavorare direttamente con i pazienti, di servire, di “essere medico”. Cerco di conoscere ogni essere umano con la sua storia unica e personale e quella dei vecchietti mi affascina perchè è sempre ricca di particolari. E così c’è Vittoria che è sopravvissuta al figlio e allo scompenso cardiaco e mi benedice ogni giorno. E c’è Angelo che è caduto e ha rotto le costole e invece mi benedice a male parole. Sopra il mio computer ho attaccato la foto dei miei figli (rientrati tutti a casa) e del mio team mozambicano di lavoro, con cui ho condiviso fatiche, problemi, soddisfazioni. Talvolta ripeto i nomi delle persone che fino a qualche mese fa vedevo tutti i giorni a Quelimane e forse non incontrerò più. Per non dimenticare, per ricordare sempre le loro storie. Loro mi hanno detto: “abbiamo costruito le fondamenta della casa, le basi di un progetto che continuerà”.
    Abbiamo camminato insieme, ci siamo dedicati un anno di vita, nel vero spirito di Medici com l’Africa Cuamm e dei Laici Missionari Comboniani.
  2. Dentro di me. Che si chiami Dio, spirito, karma, profondità.. Solo lì riusciamo a fermarci, ad allargare lo sguardo, a ringraziare, a ricordare. Si può ritornare a vivere qui con il pensiero che si è vissuto là, senza sentirsi degli irrequieti, dei “senza fissa dimora”, degli “alternativi”, dei “matti”. Ho fatto una lista di miei valori qui e là, sono identici, vanno solo declinati nella vita di ogni giorno, dovunque siamo portati nelle strade del mondo.

Vi lascio con una frase di un mio collega della DPS (Direcao Provincial de Saude) della Zambesia “O poco aqui è muito”.

Parabens, um Abraco. Maura.

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