La bellezza è negli occhi di chi contempla

DOLCEZZA

DOLCEZZA

Lungo i viali, attorcigliati per la schiena, stretti, faticano a camminare. Fidanzatini? Amici? Compagni casuali?? La posizione è scomoda, ma bisogna pur dimostrare che l’amore è così grande da essere addirittura incontenibile. O forse c’è l’illusione di ammazzare la solitudine. Ad un tratto si fermano. Si guardano negli occhi. Lui le compone i capelli scarmigliati e le dona un bacio.

Non nascondo la mia emozione nell’osservare con cuore limpido questa scenetta e mi sovvengono alla memoria i ricordi della mia giovinezza. Oggi vorrei procurarmi la gioia di amare mia moglie come cinquanta anni fa, ma significherebbe che siamo uniti senza comunione col reale.

Ma quei due sono attorcigliati dall’amore o dal possesso? E se finirà il possesso incomincerà almeno la compassione. Che cosa li lega? La dolcezza del cuore o la passione utile a coprire la solitudine o, peggio ancora, l’angoscia che nasce dalle apparenze?

Nel mondo d’oggi ferito dalla violenza, anche delle parole, dalla volgarità, dalla
fretta, dall’atto sessuale “consumato” in fretta, dall’eros divenuto sexy, la dolcezza, fatta di affetto, di finezza, di intensità ha ceduto il passo della fantasia alla frenesia, le coccole alla brama, il desiderio alla voglia. E l’innamoramento diventa un contatto di pelle, non certo un incontro tra spiriti, non un atto senza la dolcezza del cuore.

Non capita solo a due innamorati. Accade al bambino che di fronte al presepio, non sa stare in silenzio, ma è eccitato per scartocciare i pacchi contenenti un dono.
Avviene ai figli che non sanno cogliere gli attimi di intimità familiare durante il pranzo natalizio e lasciano frettolosamente parenti e convitati perché devono correre dagli amici. Succede ai nipoti che vanno a salutare i nonni alla casa di riposo: si fermano due minuti e non hanno la delicatezza di sedersi accanto a loro, tenere la loro mano, lasciarli parlare anche se raccontano fatti uditi a ogni piè sospinto.

Succede quando il tarlo dell’indifferenza riduce il matrimonio a mera convivenza sotto lo stesso tetto. Accade quando l’obolo che si versa nel cappello del mendicante non viene accompagnato da una buona parola.
Succede tra amici quando non si ha il coraggio di fissarci negli occhi, quando l’abbraccio diventa la pacca sulla spalla, quando il “scusi, prego, mi perdoni, grazie” sembrano parole antiquate, sorpassate e non sono accompagnate da un sorriso radioso che può aprire uno squarcio di serenità.

La dolcezza, la tenerezza, hanno la loro sorgente quando si guarda stupiti le stelle e ne avvertiamo per la prima volta lo stupore o quando dall’alto di una vetta contempliamo le rocce dorate delle montagne e sentiamo l’urgenza di guardare ancora più in alto, verso l’infinito. Solo allora l’amore si rivela come dolcezza che è donazione e non mero possesso che scatena non passione, ma solo gelosia e persino violenza.

Una coppia di anziani che dolcemente si tengono a braccetto in un parco cittadino ispira tenerezza, mentre le infinite melensaggini canticchiate sull’amore o i bigliettini degli innamorati o con quelli che vengono avvolti i notissimi cioccolatini fanno parte di una retorica ormai retriva.
La vera dolcezza proviene da quel Bambino che ammiriamo nella greppia: è umile, povero, non ha casa, né fuoco e al cuore che ama suscita tenerezza, che è il vero nome dell’amore.

Edoardo

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