La bellezza è negli occhi di chi contempla

Non un passo è andato perduto

Non un passo è andato perduto

Questi sono i passi totali di una settimana eccezionale!

Già, dopo alcuni anni di continui ripensamenti e rimandi, quest’anno mi sono deciso a “regalare” (vedremo poi, a “regalarmi”) una settimana di ferie per partecipare all’esperienza dell’oratorio feriale.

E’ stato un oratorio feriale particolare, non solo per le condizioni vincolanti del momento presente -i cosiddetti gruppetti per mantenere la bolla sicura-,  certamente molto  diverso da quello che ho vissuto, circa 30 anni fa, come adolescente-capitano di una delle quattro squadre in cui ciascuno veniva destinato.

Allora, come “animatori” (già, ad esempio, questa era una parola sconosciuta a tutti noi, che semplicemente venivamo identificati come i “grandi”) eravamo sempre immersi a pieno nelle giornate in mezzo ai più piccoli (erano sempre non meno di 100). 

Pianificavamo e pensavamo l’oratorio due mesi prima, andando via un fine settimana in una sorta di “ritiro” insieme al don, in cui dapprima cercavamo di fare nostro il messaggio ed il contenuto della proposta, per poi concretizzarlo nell’organizzazione di ogni singolo giorno dei 20 che, finita la scuola, ci attendevano insieme ai più piccoli.

Dedicavamo poi almeno 3 serate a settimana del mese di maggio a trovarci, ciascuno per la propria settimana che aveva da organizzare, per definire ogni particolare, preparare ogni materiale possibile, ma soprattutto per allenarci ad interiorizzare sempre più il messaggio, il centro del nostro “essere facendo”.

I tempi sono profondamente cambiati: io sono fermamente convinto che la domenica “deserta” – che penso ogni oratorio stia ultimamente vivendo-, sia causa profonda di questi cambiamenti.

L’oratorio feriale era la naturale prosecuzione dell’oratorio festivo -non si aspettava altro- così come il naturale preambolo di una nuova stagione festiva, in una sorta di un circolo virtuoso che si susseguiva nel tempo. Questo ciclo ha permesso di plasmare molti, anche quelli -ne sono sicuro- che poi, nella massima libertà dei figli di Dio, hanno scelto altro per la loro vita: il ricordo bello di quei passi fatti in gioventù rimarrà loro per sempre io credo.

Mancando tutto ciò ora, sostituito da corsi più o meno intensivi, che tentano di sopperire a quell’allenamento continuo che ho cercato di raccontare brevemente poco sopra e che si cerca di incastrare a fatica con i complicati calendari imposti da tutto (scuola, sport, musica, parrocchia, etc.), all’inizio di questa nuova avventura mi sono sentito ovviamente inadeguato e spaesato.

A parole, è anche abbastanza semplice e veloce dare la propria disponibilità: un “Sì, sono disponibile” anche detto di pancia o per qualsiasi altro motivo, forse necessita di meno di mezzo secondo.
Poi, però, quando si avvicina il momento di partire il discorso cambia e, per come sono stato educato, nascono domande profonde circa quanto posso io efficacemente portare, ma soprattutto quale l’approccio da tenere nei 5 giorni in cui questi adolescenti avranno a che fare con un vecchio -almeno oratorialmente parlando- di 44 anni.

Sempre troppo poche in questi tempi, in cui “si vive di spot da 30””, le riunioni che si tenta di fare per creare sinergia e comunione di intenti, così come complicato presenziare a tutte: allora ho cominciato, dal primo istante in cui “la partita è cominciata”, a fare quello che credo sia la chiave efficace di tutto, ossia “INCONTRARE e GIOCARE”.

Senza dubbio il fatto di avere “bolle” piccole di ragazzi -max 12- è un aiuto notevole per imparare ogni nome già nella prima mezza giornata e già -se si vuole- qualche piccola storia di ciascuno di loro.
Questa ultima attenzione è fondamentale! Mi chiedo spesso in quale altra situazione ci sia un’attenzione verso ciascun ragazzo, un incontro vero che supera ogni iniziale “formalismo” o, peggio ancora, una prosecuzione del cammino “asettica”. 

Dove è finita la fondamentale attenzione da avere nel riservarci e prenderci il dovuto tempo necessario ad incontrare l’altro, in questa fase storica dello “speed dating”, ovvero che nei primi 30” ho capito già chi sei o chi non sei, se mi interessa spendermi per te o non ne vale la pena (pensiamo ai ragazzi più problematici, ma anche ai più timidi, quelli con situazioni familiari a dir poco complicate, etc.) per cui lascio che la settimana trascorra “senza disturbarti, perché tanto so già che…..”. 

E’ questo che aveva in mente don Bosco -se riteniamo ancora valido il suo approccio, io sono fermamente convinto sia ancora oggi vincente- per gli incontri che faceva nei suoi oratori? O uno spendermi in ogni campo, sul loro campo di gioco di pre-adolescenti che ancora non sono grandi, ma che la società spinge già quasi a voler creare subito dei mini-grandi?

Ed ecco il GIOCARE, dopo l’INCONTRO che in realtà è un momento costante e persistente nel GIOCO:
visti subito che si sono organizzati nel primissimo momento della giornata a giocare a pallavolo liberamente, “il vecchio” si è messo in campo con loro e già notava come i loro occhi, non essendo abituati, sgranavano quasi a chiedersi: “ma tu cosa ci fai in campo che dovresti solo avere il ruolo di coordinare gli animatori che abbiamo nel nostro gruppo?

La risposta, in cuor mio, è molto semplice: sono in campo per cercare di fare meglio possibile quello in cui credo, INCONTRANDO ciascuno di voi, nel GIOCO, in qualsiasi gioco che vogliate fare. 

Da queste due cose, imprescindibili, io credo, nascono tutte le ulteriori possibilità di “giocarsi la vita, testimoniando la gioia dell’essere cristiani”.

Nel corso della settimana, devo ammettere che è venuto fuori “l’animale da oratorio” che ero e questo mi ha reso molto felice!
Mia figlia in prima media che avevo in gruppo (vi risparmio ovviamente ogni suo commento precedente la settimana, quando ha saputo che sarei stato destinato al suo gruppo), credo abbia potuto ricredersi dei suoi prevenuti pensieri nel vedermi sicuramente sotto un altro aspetto, certamente diverso dalla quotidianità familiare. Spero, nella mia limitatezza ed anche nei miei sicuri errori, di essere riuscito a raggiungere anche lei con la testimonianza che ho tentato di dare, con “un altro linguaggio” a lei poco conosciuto.

Finita la settimana è stato tutto più naturale dare un volto a questi pre-adolescenti che la domenica prima incrociavo furtivamente a Messa: anche per loro penso sia un bel collegamento con il mondo della comunità degli adulti (nello scorso mio commento, accennavo a quanto molti giovani si sentano in seguito “scollati” dal mondo adulto della Comunità Pastorale, ma non solo). 

Sono sempre più convinto, soprattutto dopo questa “vacanza” che mi sono regalato (a questo punto posso dirlo) di aver ricevuto una Grazia grande nell’aver incontrato nella mia fanciullezza, pre-adolescenza, adolescenza e gioventù una comunità di altri “pellegrini” ciascuno dei quali, con tutta la propria particolarità, tempo e disponibilità, ma con pazienza e perseveranza, mi ha allenato ad avere un occhio attento all’incontro dell’altro, in qualsiasi situazione lo possa incontrare ed in particolare in questo momento prezioso che è quello dell’oratorio feriale, nel quale -grazie a Dio- ancora ci crediamo al punto da mantenerlo vivo e presente negli anni. 

E sono sempre più convinto anche che questa sia la via maestra per riprendere e rinvigorire un po’ le nostre Comunità Pastorali o Parrocchiali.
Nulla è facile e tutto richiede fatica, ma -parafrasando la montagna, a me tanto cara,- è bene tornare a ricordarci la meta, raccogliere quello che si ha (quante perle preziose ci sono nelle nostre comunità, magari nascoste?), preparare lo zaino lasciando a casa il superfluo (quanto ci ha soffocato negli ultimi anni l’estrema “aziendalizzazione organizzativa” nelle iniziative proposte?) e partire!

Capiterà di fermarci durante la salita? Certamente!
Avremo  bisogno di ripararci dal temporale improvviso? Certamente!
Dovremo magari condividere qualche provvista con chi ne è rimasto senza? Certamente!
Ed una volta in vetta, non ci dimenticheremo della fatica vissuta (sarebbe un errore), ma se tenteremo di vivere evangelicamente  quel cammino sarà pezzo granitico della vita di ciascuno di noi, che “mai nessuno ci porterà via perché avremo scelto la parte preziosa che non ci verrà mai tolta” (Lc 10, 38-42) 

Posso quindi con certezza dire che non c’è stato un passo “andato perduto” di questi  141107 fatti in questa settimana di vacanza “che mi sono regalato” .
Porto sempre a casa molto di più di quanto abbia potuto portare io con il mio contributo.
Davvero l’oratorio feriale è ancora forse l’esperienza più bella che ci possa essere e si possa vivere. A tutti i livelli. Che bello!

Fabio

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