La bellezza è negli occhi di chi contempla

Nessuno è nato schiavo, né Signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli. (Nelson Mandela)

Nessuno è nato schiavo, né Signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli. (Nelson Mandela)

“Essere fratelli”: un approccio corretto auspicabile, ma purtroppo ancor oggi utopico stato del nostro vivere, necessita la sottolineatura di una differenza: cosa si intende per fratellanza e per fraternità.

La fratellanza è l’appartenenza ad una certa comunità di individui che sentono di condividere una origine e un destino; la fraternità mette in campo, oltre quanto contenuto nell’idea di fratellanza, anche una ulteriore valenza, in un certo qual modo trascendente, capace di cogliere un fondamento comune su cui poggiare il proprio agire pratico.
In altre parole fratellanza vuole essere il modo più fecondo per una vita comune in pace, fraternità vuole rispondere al perché si deve avere una vita comune in pace.

Il fondamento, che stiamo introducendo, si pone o come riconoscimento di Dio quale padre comune, in una visione religiosa dell’esistenza, o come assunzione di un valore ideale, ultimo, per il quale “spendersi”, nel caso di una vita laicamente intesa.

Per questo la fraternità, ancora più che la fratellanza, diviene vincolo e bene per la convivenza tra gli uomini, vincolo votato alla continua ricerca di un equilibrio dinamico tra libertà e giustizia, tra bene del singolo e bene comune, in nome di Qualcuno/Qualcosa che chiede il nostro impegno, la nostra adesione ad un piano che voglia costruire un mondo giusto e buono.
Questa idea di fraternità ha registrato la sua più celebre affermazione nella triade coniata dalla rivoluzione francese “liberté, egalité, fraternité.

Ma se per la libertà e l’uguaglianza ci si è battuti, aspramente e spesso dolorosamente, in molti avvenimenti storici, politici, sociali, non così la fratellanza è stata oggetto di simili, forti coinvolgimenti.
Perchè ?
Molto probabilmente perchè la fraternità per sua natura richiede il superamento, da subito, dello stato individuale verso l’attuazione di un rapporto di reciprocità, di relazione che coinvolge lo stare in comunione degli uomini.

Nelle epoche storiche che ci hanno preceduto, dominate dal potere della ragione individuale e dall’io come principio guida di ogni attività umana, l’idea di fraternità è stata per lungo tempo relegata in una sorta di cono d’ombra, anche perchè spesso confusa o adombrata dalla idea di uguaglianza.
La fraternità – a ben vedere – ha una sua precisa cifra identitaria caratterizzata da una simultanea esperienza di uguaglianza e differenza.
Questo da sempre è insito nell’essere fratelli: non a caso si sente spesso affermare “sono figli degli stessi genitori e sono così differenti !”.
Tale sentire sgorga dalla realtà della fratellanza (a questo livello possiamo parlare ancora di fratellanza), e trova la sua ragione di essere nella inevitabile e auspicabile differenza esistente tra i fratelli, quali sono nel loro intimo e quali si pongono nei loro comportamenti.

Lungi dall’essere momenti di ostacolo, le differenze che la fratellanza mostra – se rettamente vissute – spingono, in positivo, a relativizzare le proprie idee e i propri comportamenti per ricomporre e fare sintesi benefica delle inevitabili disparità di opinioni e scelte che nascono tra i fratelli.

Ma c’è di più: oggi si parla molto, e giustamente, di solidarietà.

La fratellanza è un concetto più inclusivo della solidarietà e ne abbraccia le istanze.
Infatti è stato scritto, a nostro giudizio in maniera davvero veritiera: “la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare uguali, la fratellanza è quello che consente agli eguali di essere persone diverse. La fratellanza consente a persone che sono eguali nella loro essenza, dignità, libertà e nei loro diritti fondamentali, di partecipare diversamente al bene comune secondo la loro capacità, il loro piani di vita, la loro vocazione, il loro lavoro o il loro carisma di servizio”.

La solidarietà è fuori di dubbio valore alto, ma chiede di essere consolidata da una profonda fraternità (qui è meglio usare questa accezione) che poggi la solidarietà su una diversità accettata e rispettata, altrimenti non si creerà mai una relazione sociale giusta e vera.

Capiamo come la fraternità nella sua essenza chieda, quindi, in continuazione ricostruzioni, riconciliazioni, progettualità, immaginazioni nuove, ma soprattutto sia apertura (faticosa e impegnativa) al futuro perchè è in tale prospettiva che dobbiamo vivere la nostra fraternità: lasciare in eredità il senso dello stare insieme con rispetto, stima, empatia è il modo migliore per condividere con le nuove generazioni anche la memoria, la tradizione, la comunità che le ha formate.

Instaurare relazioni di fraternità significa impegnarsi nella generazione del mondo che verrà, cercando di intuire le direzioni verso le quali la storia si sta incamminando e i motivi che saranno alla base delle scelte che verranno operate, scelte che comunque non potranno prescindere da una assoluta attenzione al dato antropologico, ineludibile elemento fondante di ogni futura progettualità.

La fraternità occuperà sempre più un posto di primo piano, nonostante sia sempre, purtroppo, in lotta con l’insopprimibile desiderio di potere dell’uomo – o meglio di certi uomini di potere, come constatiamo anche oggi – che sempre alimenterà fratture, disuguaglianze, ingiustizie.

Giova ricordare a questo punto quanto il filosofo statunitense John Rawls, pur constatando una chiara dipendenza della fraternità rispetto alla libertà e alla uguaglianza, ne sottolineava tuttavia l’assoluta centralità scrivendo:

“Nel confronto con quelle di libertà ed eguaglianza, l’idea di fraternità ha sempre avuto un ruolo secondario nella teoria della democrazia. La si pensa come un concetto meno specificamente politico degli altri, poiché non definisce di per sé alcuno dei diritti democratici, ma include piuttosto certi atteggiamenti mentali e certe linee di condotta senza le quali perderemmo di vista i valori espressi da quei diritti”.

Anche la Chiesa coglie la fraternità come dimensione essenziale dell’uomo e in special modo in questi tempi di globalizzazione. Già Benedetto XVI nella sua indagine sul fenomeno della globalizzazione aveva evidenziato come la globalizzazione si limiti a renderci vicini, ma non fratelli. Troppe situazioni di ingiustizia, povertà, differenze sociali mostrano come si sia ancora molto lontani da un accettabile livello di fraternità.

Certamente il capitalismo imperante, la ricerca dell’affermazione personale e i correnti paradigmi di vita, caratterizzati da diffuso individualismo e consumismo, indeboliscono i legami sociali nonostante non lo si ammetta esplicitamente. Certamente le sole etiche contemporanee sembrano incapaci di produrre vincoli di autentica fraternità, perchè mancano di riferimenti ultimi e in particolare – come si diceva poco sopra – al Dio Padre comune che dovrebbe essere colto come il fondamento per costruire una fraternità realmente vissuta.

A chiusura di queste note, ci sembra opportuno sottolineare quanto la fratellanza sia un sistema precario, fragile, sempre da costruire e da vigilare perchè, come tutto ciò che veramente vale, può dare tanto di buono, ma può essere preda di terribile derive.
Questo avviene perchè con la fraternità si va al cuore dell’umano e al suo inestricabile groviglio di stati di coscienza molto spesso divergenti. Quando pensiamo alla fraternità sappiamo quindi di essere di fronte ad un bellissimo progetto, ma i cui “lavori saranno sempre in corso”.

Diego Pirinoli

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