La bellezza è negli occhi di chi contempla

La via degli Dei

La via degli Dei

La Via degli Dei è un sentiero che collega Bologna a Firenze e che può essere percorso nei due sensi; dalla statua del Nettuno di piazza Maggiore alla fontana omonima in piazza della Signoria (vicino al David di Michelangelo). Il sentiero è quasi tutto sulla cresta dell’Appennino Tosco-Emiliano e negli ultimi anni ha visto un incremento quasi esponenziale dei suoi frequentatori: per la lunghezza (120 o 140 km a seconda delle varianti), che è possibile percorrere anche in meno di una settimana, e per la facilità nel raggiungere il punto di partenza ed arrivo in treno.

Ne avevo sentito parlare anni fa, grazie al “passa parola” tra conoscenti ed amici che l’avevano percorso e finalmente quest’anno si è concretizzata la compagnia giusta ed il periodo ideale per poterlo realizzare: la prima settimana di ottobre con un meteo quasi estivo e colori autunnali da cartolina.

Non è il primo cammino a tappe che percorro, ma i due precedenti (Santiago ed Oropa) avevano comunque uno sfondo religioso e di fede che accompagnava l’itinerario, una spiritualità capace di attraversare i secoli e le generazioni di fedeli, tanto da farti sentire proprio una pellegrina.

La Via degli Dei invece deve il suo nome alle divinità pagane romane delle sue principali vette e di alcuni monti attraversati (Monte Venere, Monte Adone a Monzuno anch’esso verosimilmente da Mons Junii, e Monte Luario con riferimento alla dea Lua, invocata dai Romani in guerra), è una via della storia, dell’umanità, precorsa nei secoli per ben altri motivi in quanto è stata per lo più via di passaggio di truppe militari oltre che via di collegamento tra paesi di montagna. L’ultimo evento drammatico che qui si è svolto è stata la linea Gotica durante la Seconda Guerra mondiale e ne rimane traccia anche per chi riposa ad aeternum nel cimitero Germanico della Futa.

Ci si sente comunque “pellegrini”, pellegrini di un’umanità in cammino!

Il bello di questa via non sono solo i paesaggi che si posso ammirare lungo il percorso, (veramente poco conosciuto e non troppo frequentato da chi ci abita.. della serie “si da per scontato ciò che ci è vicino”), ma sono le vicende umane che fanno parte di questo territorio, o come recentemente ha scritto una guida che l’ha percorsa per ben 5 volte con alcuni gruppi “la storia degli etruschi e quella dei romani, della seconda guerra mondiale e dei partigiani, di contadini e allevatori, di viandanti e sognatori. Ci sono tutti gli ingredienti per un “viaggio dell’eroe”, per incontrare tutte le profilazioni di una biografia in cammino.

Il bello di questo mio cammino è aver incontrato Ferruccio e Jolanda, di 92 e 90 anni, che con il loro cagnolino erano a passeggio tra le vie del paese Croci, ormai abbandonato, che porta al monte Galletto.

Ci hanno fatto rivivere, come fosse un film, scene di vita di quel paese: “ Quella era la scuola del paese, qui ho studiato fino alla Quinta elementare”, “In quella chiesa ci siamo sposati, quasi 70 anni fa e ci ritorniamo sempre qua a passeggiare, ora viviamo a Bologna, ma questo paesaggio fa parte di noi, anche se è cambiato”.

Non sono mancate le nostre domande indiscrete: “Come avete fatto a far durare il vostro rapporto per tutti questi anni?”, e la loro quasi ironica risposta: “Ci ha pensato una buona dose di fortuna a farci arrivare sani entrambi a quest’età, noi ci abbiamo messo della “sana” sopportazione!”

La zona è conosciuta perché attraversa i pendii di Monte dei Cucchi fino al Monte Galletto dove si stagliano enormi pale eoliche che ci hanno fatto sorridere ripensando alla nostra infanzia e, immaginandole come enormi girandole piantate in giardino. Recentemente tuttavia ne ho scoperto la dubbia utilità sul piano energetico e sul sistema idrogeologico a causa del disboscamento di boschi fittissimi di alberi pregiati, come conifere o faggi, piantati dopo la gigantesca frana che nel 1951 ha creato il lago di Castel dell’Alpi.

Il bello di questo cammino è stato conoscere la storia di Franco Santi e Cesare Agostini, che sul finire degli anni Settanta trovarono alle pendici del Monte Bastione, poco lontano dal Passo della Futa (il punto più alto della Via), una moneta romana del 200 a.c circa. La loro passione per l’archeologia li portò a scavare durante il loro “tempo libero” alla ricerca della via Flaminia “militare”… fino a fargliela scoprire!  Con non poche difficoltà burocratiche oltre che tecniche!

Affascinante è stato scoprire la tenacia con cui hanno creduto nella loro idea e sono andati avanti per realizzare il loro sogno. Loro, stimati professionisti di ben altre professioni, rimarranno nella storia per la perseveranza nel perseguire la loro passione.

Il bello di questo cammino è stato attraversare un castagneto privato, così ben tenuto da sembrare quasi irreale e trovare i proprietari che vi lavoravano non con poca fatica, piegati a raccogliere e scegliere le castagne migliori. Li ho semplicemente saluti e ringraziati per il loro lavoro ed averci concesso di attraversare il loro podere. Non è stato semplice. Avevano posto parecchie reticenze al passaggio della via; le paure erano tante: furti di castagne, imbrattamento, anche scambiando la zona per un gabinetto a cielo aperto (ricordiamoci in futuro quando vediamo quei fazzolettini bianchi che necessitano comunque di troppo tempo per decomporsi).

Mi rendo conto che purtroppo non siamo proprio abituati a pensare che la terra che attraversiamo possa appartenere a qualcuno, la consideriamo così “comune” senza riflettere che, se anche fosse, prima c’è la parola “bene”.

Il bello del cammino è stato abituarsi ad un passo lento, ascoltare il proprio respiro ed il proprio corpo che impone ritmi ben diversi che ci fa capire che ci sono energie da dosare nel tempo, perchè a volte è anche bene non darsi completamente specie se il cammino è lungo. Che ci sono tempi da rispettare e che le giornate possono prevedere un congruo tempo di riposo.

E’ stato bello arrivare alla fine e notare con stupore che non è solo la condizione fisica che ti consente di arrivare, ma la giusta mentalità che ti fa affrontare positivamente le salite e le fatiche e se il cammino è metafora di vita… quanta positività mettiamo nelle piccole difficoltà quotidiane?

Auguro a tutti di scoprire la propria meta da raggiungere o anche semplicemente di mettersi in cammino perché le tappe sono già esse stesse piccole mete, raggiunte con costanza e determinazione.

La voglia di ripartire per un’altra avventura è tanta; ma ora mi concedo lo stupore di incamminarmi nella quotidianità di ciò che mi viene offerto ogni giorno!

Ilaria S.

 

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