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Il Natale nei primi secoli del cristianesimo

Il Natale nei primi secoli del cristianesimo

La celebrazione del Natale non è presente nei primi elenchi delle festività cristiane.
Nell’antica Roma il 25 dicembre si festeggiava, con una valenza simile, il Dies Natalis Solis Invicti, la festa dedicata a celebrare la nascita del dio Sole (Mithra), introdotta a Roma per la prima volta dall’imperatore Eliogabalo intorno al 200 d.C..

Solis Invicti significa “Sole non vinto”: il riferimento, oltre che alla simbologia della luce, è al fatto che con il solstizio d’inverno, che coincide con la festa, le ore di luce durante il giorno ricominciano ad aumentare. Proprio come se il dio Sole avesse vinto la sua battaglia contro le tenebre e desse modo alla luce di rigenerarsi.

Il Natale diventa una festa religiosa con il diffondersi del Cristianesimo. I cristiani iniziano celebrare il giorno del Natale intorno al IV secolo d.C., riallacciandosi a tradizioni già esistenti e riempiendole di un significato nuovo: la “natività di Gesù Cristo”. Il culto del dio Sole viene recuperato identificandolo con la figura di Cristo, la “Nuova Luce”, o nuovo “Sole di Giustizia”, come è chiamato il Messia dal profeta Malachia.

Le prime comunità cristiane, appropriandosi del simbolo pagano del sole come fonte della luce e della vita che si rigenera, attraverso la sua associazione alla figura di Gesù Cristo, attuarono una pratica che in antropologia e sociologia si definisce sincretismo (fusione o contaminazione tra elementi provenienti da religioni e/o culture differenti).

Inoltre, la festa del Natale, come celebrazione della luce purificatrice che non si spegne, ha delle connessioni con una delle più importanti festività ebraiche, Hanukkah, o Festa delle Luci, istituita da Giuda Maccabeo. Hanukkah commemora il miracolo della Luce, che avvenne quando gli ebrei, per riconsacrare a Dio il Tempio di Gerusalemme contaminato dai riti pagani, riuscirono a riaccendere la grande Menorah, la lampada a sette bracci, con l’olio consacrato di una piccola ampolla.

La data del 25 dicembre, quindi, non è altro che una data simbolica e con tutta probabilità, venne scelta intorno al 400 d.C. proprio per sostituire la festa del Natalis Solis Invicti, molto sentita dal popolo, trasformandolo nel Natale festa cristiana, come rituale per sentirsi davvero una comunità religiosa, come si era abituati nell’ambito dell’antica religione romana.

La nascita del Figlio di Dio, il giorno di Natale, fu celebrata per la prima volta dalla comunità cristiana romana e si diffuse molto velocemente in tutto l’impero, divenendone il centro dell’interesse.


In questo viaggio alle origini delle celebrazioni legate al Natale, proponiamo un’opera d’arte – o forse meglio definirla un’immagine di culto – un centinaio d’anni più antica della propagazione dei primi culti relativi alla nascita di Gesù: quella che è considerata una delle prime raffigurazioni della Vergine Maria insieme al bambino.
Sulla via Salaria, nel sottosuolo, si aprono le Catacombe di Priscilla, dal nome di una matrona romana della gens Acilia, conosciute già nel 1500 e scavate a metà del 1800, quando venne alla luce l’ipogeo. Disposte su due piani, presentano varie decorazioni ad affresco con scene dell’Antico e del Nuovo Testamento (come un’Annunciazione e una Adorazione dei Magi). Tra le immagini più significative troviamo quella di una donna che tiene in braccio un bambino. Il volto del piccolo non si rivolge alla madre, ma ad un personaggio sulla sinistra: non San Giuseppe, come si potrebbe pensare, ma un profeta
che indica una stella annunciando la venuta del Messia, in una sorta di congiunzione tra l’Antico e il Nuovo Testamento.

Dovrebbe trattarsi della profezia di Balaam: “una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Num. 24,15-17). Datata ai primi decenni del III secolo, questa straordinaria immagine testimonia, ancor prima della nascita dei riti legati al Natale, la venerazione e l’affetto – anche dei primi cristiani – nei confronti del Dio che si è fatto bambino: un contenuto semplice e fondamentale, che crea comunità e dona speranza.

Arianna e Daniela

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